Grazie agli impianti e alle nuove tecnologie I fanghi possono essere trasformati in fertilizzanti per l’agricoltura se di alta qualità, oppure essere trattati nei termovalorizzatori per essere valorizzati termicamente.
Ne abbiamo discusso con Carmen Disanto, direttore di Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C), che ha sottolineato l’importanza del trattamento delle acque reflue, e con Alberto Privato, ricercatore dell’Università degli studi di Padova, che si è concentrato sull’approccio integrato di gestione dei fanghi.
di Carmen Disanto, direttore di Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C)
Il trattamento delle acque reflue nelle centrali di depurazione è un processo indispensabile per rimuovere sostanze inquinanti e agenti patogeni. Durante questa attività si generano i fanghi di depurazione che contengono componenti come solidi, sabbia, grassi, materiali organici e prodotti chimici utilizzati nel processo stesso. Secondo il Rapporto Rifiuti Speciale 2022 di Ispra, In Italia la produzione annuale di fanghi ammonta a circa 3,4 milioni di tonnellate, ma solo il 44,1% di questi riesce ad essere recuperato. Questa percentuale rappresenta una criticità rispetto agli obiettivi europei e alla Strategia Nazionale per l'Economia Circolare, che promuovono l'adozione di tecnologie innovative per ridurre la produzione di fanghi e favorire il recupero di materia e di energia.
La Lombardia, regione densamente popolata e con una forte presenza industriale, ha una produzione significativa di fanghi di depurazione che richiedono una gestione sicura ed efficiente capace di preservare la salute umana e l'ambiente. Per questo si sta rispondendo a questa sfida attraverso l'implementazione di nuove politiche e normative per la gestione dei fanghi di depurazione, ad esempio promuovendo progetti per lo sviluppo di impianti di trattamento avanzati che consentano la riduzione del volume dei fanghi e il recupero di risorse, come energia o fertilizzanti.
A questo proposito il progetto FANGHI – Forme Avanzate di Gestione dei fanghi di depurazione in un Hub Innovativo lombardo (2020-2022) ha affrontato proprio i problemi legati alla gestione dei fanghi di depurazione nella Regione, adottando un approccio olistico. Un progetto predisposto anche tenendo conto dell’impatto sanitario-ambientale delle diverse strategie di valorizzazione dei fanghi per identificare l’approccio più vantaggioso in termini di sostenibilità, considerando anche gli aspetti economici e normativi.
“L’obiettivo è far nascere una filiera allargata per affinare i migliori metodi di selezione dei fanghi di depurazione e trasformarli in fertilizzanti o energia, secondo i principi dell’economia circolare”
Questo progetto, nato nel 2019 nei dei tavoli di lavoro del Cluster Lombardo per l’Energia e l’Ambiente (LE2C), ha innescato una proficua sinergia tra numerosi attori, che oltre alle 5 aziende partner, ha coinvolto numerosi centri di ricerca universitari, imprese e l’Istituto Superiore di Sanità.
Il fattore di successo dell’iniziativa è stata proprio la collaborazione tra il sistema industriale e il mondo della ricerca, che ha permesso di trattare la tematica da varie angolature, sperimentando diverse soluzioni innovative e sostenibili. Non a caso la cooperazione prosegue, e mira a far nascere una filiera allargata e riconosciuta da Regione Lombardia per affrontare la tematica nell’ottica dell’economia circolare e affinare metodi di selezione dei fanghi di depurazione adatti ad essere trasformati in fertilizzanti o in energia.
Ogni anno sono trattate in Lombardia circa 1.000.000 t di fanghi
di Alberto Pivato, Ricercatore dell’Università degli studi di Padova
Il principio di precauzione è ormai riconosciuto dalla legislatura europea e, dunque, anche da quella italiana, come un approccio decisionale applicabile alla gestione dei rifiuti, in caso di dubbi riguardo le conseguenze su ecosistemi e salute umana. Incognite che derivano principalmente dalla mancanza di affidabili informazioni scientifiche, dovute anche alla rapida evoluzione delle tecnologie di trattamento, riuso e smaltimento delle matrici di rifiuto. Il principio di precauzione, però, deve essere il più possibile flessibile e non rigido (la normativa quadro sui fanghi è abbastanza datata) per consentire una strategia integrata per la gestione dei fanghi, senza definire in modo dogmatico e permanente un’unica soluzione per tutte le circostanze.
Occorre una strategia integrata per la gestione dei fanghi senza definire in modo dogmatico e permanente un’unica soluzione per tutte le circostanze.
Al fine di conoscere in modo più approfondito gli effetti a lungo termine dell’utilizzo dei fanghi in agricoltura, e di ridurre gradualmente il ricorso al principio di precauzione, all’interno del progetto FANGHI è stata eseguita un’analisi di oltre 250 articoli scientifici e di tre banche dati con oltre 30.000 risultati. Gli studi in possesso hanno dimostrato la presenza nei fanghi di un’ampia gamma di sostanze chimiche normate e non normate (metalli pesanti, farmaceutici, microplastiche, composti quaternari di alchilammonio, nanoparticelle, contaminanti organici persistenti, patogeni) caratterizzate da un intervallo di concentrazioni che rispecchia la grande diversità dei contesti socio-geografici ed economici di indagine.
Generalmente i limiti nazionali di qualità dei fanghi previsti dalla normativa sono rispettati; ben diversa è la situazione se si prendono a riferimento i limiti più restrittivi “Alta qualità” della Regione Lombardia con criticità ad esempio per Arsenico, Cromo VI, Nichel, Rame e Zinco.
Articoli scientifici
banche dati
Risultati
Va segnalato però come alcuni studi abbiano evidenziato una significativa diminuzione nel tempo delle concentrazioni di alcuni composti chimici (es. metalli pesanti, POPs, farmaceutici), come conseguenza dell’attuazione di politiche ambientali mirate e riuscite. Tuttavia, non tutta la letteratura è concorde. Esistono alcuni esempi di tendenze rimaste simili nel tempo o addirittura in crescita per alcuni contaminanti emergenti (es. ritardanti di fiamma).
Inoltre, le fonti analizzate hanno investigato il potenziale accumulo dei suddetti composti chimici nei suoli sottoposti all’utilizzo di fanghi e, negli organismi terrestri es. vegetali ed il loro possibile trasferimento nella catena alimentare umana. Se per metalli pesanti e per alcuni contaminanti organici persistenti i risultati confermano un’evidenza ben documentata in letteratura, per gli altri composti chimici si evidenzia la necessità di approfondirne le dinamiche di trasporto nel suolo.
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